Guido Picelli, un ribelle scomodo, intervista a Giancarlo Bocchi, di Olivier Favier.

 

È una storia da riscoprire, quella della resistenza italiana al fascismo iniziata fin dagli anni del squadrismo ad opera di protagonisti politicamente coraggiosi e tenaci. Spesso cresciuta o maturata nell’impegno pacifista durante la prima guerra mondiale, la resistenza al fascismo politicamente più efficace venne trascurata o emarginata dalla sinistra, sia  socialista che comunista, ma anche dai popolari fin dal primo dopoguerra.

Certo si pensa ad uomini come il socialista unitario Giacomo Matteotti, il socioliberale Pietro Gobetti, il futuro azionista Emilio Lussu -interventista in un certo modo pentito che scriverà un libro straordinario di denuncia della Grande Guerra- il grande pensatore comunista Antonio Gramsci,  e anche l’anarchico Errico Malatesta, che rompe all’inizio della guerra con Piotr Kropotkine.

In questo elenco, tra i nomi noti dobbiamo ricordare anche i fratelli Rosselli, assassinati dai sicari francesi della Cagoule, che in questi ultimi anni hanno avuto un riconoscimento anche da posizioni politiche più moderate.

Tra le figure dimenticate, troviamo invece diversi esponenti dell’antifascismo che furono protagonisti di una forma di lotta molto più radicale e anche molto coerente. Per loro il fascismo era il nemico principale ma in una lotta che però doveva inventare un mondo diverso. Erano comunisti, ma pagarono caro il loro impegno ideale e politico: prima vennero emarginati e poi perseguitati  dalla terribile macchina stalinista, che condannava uno dopo l’altro i figli migliori della rivoluzione. E non solo in Unione Sovietica. Tra questi italiani ci sono ad esempio Francesco Misiano, Pietro Tresso o Guido Picelli.

È di quest’ultimo che Giancarlo Bocchi ha scelto di parlare in un film realizzato in Italia nel 2011 e giustamente intitolato Il Ribelle, un eroe scomodo. Il film è presentato in anteprima in Francia al cinema Le Balzac di Parigi, la domenica 8 dicembre 2013, alle ore 11, in presenza del regista.

Olivier Favier: Nel quartiere popolare dell’Oltretorrente di Parma c’è una statua di Guido Picelli che è ancora ricordato dai cittadini. Lo provano l’acceso dibattito intorno al progetto del sindaco “grillino” di spostarla o dell’ira dei cittadini dopo gli atti di vandalismo neofascista che sono stati perpetrati sul monumento. Qual è stato l’interesse della città intorno al tuo progetto? Fuori da Parma, come è stato accolto il film? Il nome di Picelli è ancora conosciuto?

Giancarlo Bocchi: Devo innanzitutto dire che il quartiere dell’Oltretorrente era un luogo unico nel panorama del “ribellismo” popolare europeo dall’800 fino alla fine degli anni ’70 del ‘900. Per quasi 200 anni in questo quartiere di Parma furono numerose le sommosse e le insurrezioni contro i governi ducali, del regno e della Repubblica. Una parte della popolazione fu deportata in periferia negli anni del fascismo e nel dopoguerra il Partito comunista, che governò la città per 40 anni, agevolò la mutazione sociale del quartiere. Ma Guido Picelli è rimasto a Parma l’eroe popolare per eccellenza e il simbolo stesso della più grande vittoria contro il fascismo, ottenuta nel 1922 dalla popolazione dell’Oltretorrente contro 10 mila fascisti armati come un esercito. L’interesse dei cittadini di Parma per Picelli è ancora alto, ma io non ho voluto proiettare il film a Parma per protesta prima contro la giunta di destra che addirittura finanziò delle ricerche storiche per screditare la figura di Picelli e poi contro l’attuale sindaco che voleva addirittura spostare il monumento all’eroe antifascista. Il film ha riscosso un grande interesse nelle 30 località italiane dove è stato proiettato e ottimi indici d’ascolto per i passaggi televisivi sulla Rai. Grande interesse ha suscitato a Madrid dove è stato presentato alla Filmoteca Española e a Mosca dove è stato proiettato sia all’Archivio Nazionale del cinema sia alla Sala Eisenstein. Ora viene presentato a Parigi, dove Picelli svolse in due momenti la sua attività di rivoluzionario antifascista, e l’anno prossimo verrà presentato a Barcellona dove si svolsero i suoi funerali ai quali parteciparono nel 1937 100 mila persone.

Nel 1937 la Repubblica spagnola onorò la figura del comandante Guido Picelli con tre funerali di Stato, a Madrid, Valencia e Barcellona. A quest'ultimo, secondo le cronache dell'epoca, parteciparono quasi 100 mila cittadini.  In prima fila, a fianco di Paolina Picelli, c'era Vladimir Antonov-Ovseyenko, console generale sovietico a Barcellona, il famoso bolscevico che il 25 ottobre del 1917 aveva guidato l'assalto al Palazzo d'Inverno, la residenza dello zar di San Pietroburgo, e che, subito dopo, al comando dell'Armata rossa aveva sconfitto "l'Armata bianca" in Ucraina. Sei mesi dopo i funerali di Picelli, Antonov-Ovseyenko fu richiamato in patria e discusse con Stalin della politica sovietica in Spagna. Fu inquisito, imprigionato e condannato a morte.

Nel 1937 la Repubblica spagnola onora la figura del comandante Guido Picelli con tre funerali di Stato, a Madrid, Valencia e Barcellona. A quest’ultimo, secondo le cronache dell’epoca, partecipano quasi 100 mila cittadini.
In prima fila, a fianco di Paolina Picelli, c’è Vladimir Antonov-Ovseyenko, console generale sovietico a Barcellona, il famoso bolscevico che il 25 ottobre del 1917 ha guidato l’assalto al Palazzo d’Inverno, la residenza dello zar di San Pietroburgo, e che, subito dopo, al comando dell’Armata rossa ha sconfitto « l’Armata bianca » in Ucraina. Sei mesi dopo i funerali di Picelli, Antonov-Ovseyenko è richiamato in patria e discute con Stalin della politica sovietica in Spagna. È inquisito, imprigionato e condannato a morte.

OF: Come Misiano, che ricordavo nella presentazione, anche Picelli inizia la sua « carriera » politica col rifiuto della guerra. Per questo partecipa alla guerra come volontario nella Croce rossa italiana nel ’16. Durante la guerra, accetta però di entrare all’Accademia militare per diventare ufficiale. Inizia una vita di lotta, anche militare. Può sembrare un paradosso, ma è anche il rifletto di un carattere libero, in fondo poco dogmatico. Come si costruisce, in quelli anni di formazione, la figura militante di Guido Picelli?

GB: In un documento che ho trovato negli Archivi riservati moscoviti, Picelli spiega molto bene il suo passaggio dal “pacifismo” e dal “non interventismo” allo studio “dell’arte militare”. Ritenie che ci sia una sola guerra accettabile “quella degli oppressi contro gli oppressori”. Dopo che ha visto il proletariato massacrato nelle trincee, decide di accettare l’invito ad entrare all’Accademia militare per imparare a difenderlo. Ha meritato questo invito per i suoi atti di coraggio nelle file della Croce Rossa, che gli valgono due medaglie al valore. Nominato ufficiale torna al fronte ma non spara un solo colpo. Alla fine della guerra entra nel partito socialista e svolge un’intensa attività sindacale per riunificare le diverse organizzazioni dei lavoratori. Sviluppa in quel momento il suo pensiero politico che si può racchiudere in due parole: ”Azione e unità”. Era antidogmatico e riteneva che per arrivare al cambiamento rivoluzionario e alla piena giustizia sociale la cosa più importante fosse l’unità delle forze della sinistra.

Il 13 luglio del 1920 Guido Picelli fu arrestato per aver svolto "un'attiva propaganda sovversiva, antimilitarista e rivoluzionaria" culminata con il blocco, con le sue "Guardie Rosse", di un treno militare diretto in Albania.  Il 15 maggio 1921 lasciò il carcere perché eletto deputato nelle file del Partito socialista con un plebiscito, più di 20.000 preferenze.  Ecco cosa scrive Picelli nella sua scheda di parlamentare None e cognome: Picelli Guido  Titoli e professioni: Impiegato  Impieghi all'epoca dell'elezione: Carcerato Data e luogo di nascita: Parma 9 ott. 1889 Luogo di residenza ordinaria: Parma - Camera Confederale Abitazione in Roma: Albergo Genio

Il 13 luglio del 1920 Guido Picelli è arrestato per aver svolto « un’attiva propaganda sovversiva, antimilitarista e rivoluzionaria » culminata con il blocco, con le sue « Guardie Rosse », di un treno militare diretto in Albania.
Il 15 maggio 1921 lascia il carcere perché eletto deputato nelle file del Partito socialista con un plebiscito, più di 20.000 preferenze.
Ecco cosa scrive Picelli nella sua scheda di parlamentare
Nome e cognome: Picelli Guido
Titoli e professioni: Impiegato
Impieghi all’epoca dell’elezione: Carcerato
Data e luogo di nascita: Parma 9 ott. 1889
Luogo di residenza ordinaria: Parma – Camera Confederale
Abitazione in Roma: Albergo Genio

OF: La parte la più conosciuta della sua biografia inizia ai primi anni del fascismo. Picelli capisce subito la forza distruttiva del fascismo e lo combatte fin dall’inizio. Con pochi altri, non si ferma nella lotta dopo la marcia su Roma che porta Mussolini al potere, nell’ottobre 1922. Quale è l’originalità della suo impegno che rende unica, ad esempio, la resistenza di Parma alle squadracce fasciste nel 1922?

GB: Picelli nel 1920 fonda le “Guardie rosse”, una formazione di autodifesa del proletariato e viene arrestato per avere bloccato un treno militare in partenza per un’avventura coloniale in Albania.

Per alcuni mesi non può partecipare alle prime lotte contro gli squadristi fascisti e al Congresso di fondazione del Partito comunista d’Italia nel febbraio 1921. Ma nelle elezione dello stesso anno viene eletto deputato per il Partito socialista e tirato fuori di galera con un plebiscito popolare. Costituisce per primo in Italia “Gli Arditi del popolo”, una formazione armata di autodifesa dal fascismo ed è uno dei pochi politici a capire che solo con l’unità delle forze democratiche si può sconfiggere il nemico. La sua idea politica, antesignana dei Fronti popolari europei degli anni ’30, si concretizza nei fatti quando il 1 luglio del 1922 diecimila fascisti capeggiati da Italo Balbo e dai maggiori gerarchi fascisti assediano Parma, capitale dell’antifascismo, per metterla a ”ferro e fuoco”. Si uniscono a Picelli gli anarchici, i socialisti, i comunisti, i repubblicani e i popolari ( i cattolici). È in quel momento che Picelli mette in pratica la sua istruzione militare diventando il maestro italiano della “guerriglia urbana”. Dopo 5 giorni di battaglia i fascisti si sbandano e scappano lasciando sul campo 39 morti e 150 feriti. La Battaglia di Parma è la prima grande vittoria in Europea degli antifascisti. La seconda la otterrà sempre Picelli, il 1 gennaio del 1937 in Spagna, nella battaglia di Mirabueno, la prima vittoria repubblicana sul Fronte di Madrid. Ma tornando al 1922, nell’ ottobre, prima della marcia su Roma del fascismo, Picelli cerca in tutti i modi di convincere i partiti democratici ad unirsi al suo “Esercito rosso” per sconfiggere con le armi il fascismo, ma non viene ascoltato.

Le Barricate di Parma del 1922, in borgo Bernabei dove abitava Guido Picelli.

Le Barricate di Parma del 1922, in borgo Bernabei dove abitava Guido Picelli.

OF: Negli anni successivi, Picelli è incarcerato come tanti opponenti politici. Mentre Matteotti viene assassinato, Piero Gobetti o Giovanni Amendola muoiono in Francia in seguito alle ferite riportate da diverse aggressioni di strada. Nel 1932, Picelli riesce però a scappare prima in Francia, poi in Belgio. Anche qua, non è un fuoriuscito « normale ».

GB: Prima di essere incarcerato, Picelli svolge dal 1922 al 1926 una intensa attività clandestina per la costituzione di una struttura insurrezionale comunista. In pratica è il responsabile militare del Partito comunista. È vittima di numerose aggressioni e di due tentativi di sopprimerlo. I fascisti gli tengono diversi agguati. In uno di questi viene ferito da un colpo di pistola alla tempia, ma non riescono a fermarlo. Un mese prima dell’assassinio di Matteotti, ha il coraggio di ridicolizzare il regime fascista innalzando, il primo maggio del 1924, una grande bandiera rossa sul palazzo del Parlamento. Dopo 5 anni di confino e di carcere, nel 1932 Picelli beffa la polizia fascista e riesce ad espatriare in Francia dove si ricongiunge con il fratello, vicino alle posizioni di Carlo Rosselli, e ai suoi Arditi del popolo. In Francia ci sono almeno 2000 fuoriusciti politici ed emigrati di Parma. La sua attività politica antifascista è interrotta dalla polizia francese che lo arresta e lo espelle in Belgio. Per aver partecipato alla lotta dei minatori del Borinage Picelli viene espulso anche dal Belgio. Dopo un periodo in Germania riesce ad arrivare in Russia dove gli hanno proposto di entrare all’Accademia militare dell’Armata Rossa.

OF: Fino all’uscita del tuo film, gli anni di Picelli in Unione Sovietica erano praticamente sconosciuti. Come hai scoperto che inizia per lui la parte più scomoda del suo percorso? So che hai fatto delle ricerche sui rapporti di Picelli con Palmiro Togliatti che era uno tra i più importanti esponenti del Comintern, mentre il regime stalinista affondava nel momento più buio della sua storia. Come sei riuscito ad accedere agli enormi archivi dell’Unione Sovietica?

GB: A Mosca tutte le promesse che Togliatti e i comunisti italiani avevano fatto a Picelli vengono disilluse. Invece che all’Accademia militare Picelli viene relegato in una fabbrica come semplice operaio. Picelli non sopporta la pavidità, l’opportunismo, il cinismo di Togliatti e dei suoi. Viene perseguitato. Gli vengono tolti alcuni incarichi politici, ma riesce fortunosamente a salvarsi e a partire per partecipare alla guerra di Spagna. Le difficoltà per trovare i documenti inediti che ho mostrato nel film non sono state poche. Ma alla fine dopo tre anni di ricerche sono riuscito a scoprire tutto quello che mi serviva. Credo che ci sono ancora molte verità sepolte negli archivi di Mosca che attendono solo di essere svelate. Di recente ho anche trovato tutti i documenti legati alla complessa ed avventurosa vita di Francesco Misiano, l’inventore del cinema sovietico. Come quella di Picelli è la storia di un comunista antidogmatico che venne perseguitato perché credeva nell’uomo e nella sua capacità di riscatto.

Un gruppo di antifascisti italiani e di Arditi del popolo di Guido Picelli espatriati in Francia.

Un gruppo di antifascisti italiani e di Arditi del popolo di Guido Picelli espatriati in Francia.

OF: L’ultimo anno di vita di Picelli, che lo porta nuovamente in Francia e poi nella Spagna della Guerra civile, conclude un percorso epico. Nelle azioni militari in Spagna, mostra nuovamente le sue eccezionali capacità militari, che già aveva fatto vedere nella sua difesa di Parma, 15 anni prima. Muore colpito da una pallottola alla schiena il 5 gennaio 1937. La sua morte fa pensare agli assassinii di tanti militanti anarchici, socialisti o i cosiddetti « trotskisti » perpetrati dagli agenti di Stalin, o alla morte di Pietro Tresso nel ’44, ucciso dai compagni partigiani francesi insieme ad altri dissidenti. Che si sa adesso degli ultimi mesi di Picelli?

GB: Non conosco bene la vicenda di Pietro Tresso e su questo non posso dire nulla. In Spagna ci sono stati molto episodi oscuri sui quali non è stata ancora fatta piena luce. Il maggiore responsabile degli omicidi dei comunisti antistalinisti del POUM, degli anarchici e degli altri dissidenti fu il generale Alexander Orlov dell’ NKVD. Purtroppo gli archivi del NKVD (poi diventato KGB) sono ancora chiusi. È anche chiuso l’archivio dei dispacci dell’OMS, il servizio segreto del Comintern che lavorava in stretto contatto con l’NKVD di Orlov. Devo premettere che è sbagliato pensare che gli organismi sovietici fossero un’entità monolitica. È possibile che l’NKVD non mettesse al corrente dei fatti più segreti l’Armata Rossa e viceversa. Durante le ricerche ho avuto però la fortuna di parlare con tre Garibaldini di Spagna. Due di loro, Antonio Eletto e Vincenzo Tonelli, anche se non videro chi colpì alle spalle Picelli, quel giorno erano sul posto. Ho anche avuto la possibilità di farmi spiegare da una persona, che lavorò in Spagna come traduttrice per l’NKVD le tecniche, veramente sorprendenti, che usavano per dissimulare la verità. Dopo aver scoperto vari documenti a Mosca, in Italia e in Spagna posso dire che la versione ufficiale della morte di Picelli è falsa. La mia è stata una indagine indiziaria. Come nei processi nei tribunali qualche indizio non conta nulla, ma dieci o venti indizi sono una prova. Ma non voglio togliere agli spettatori del film il piacere di scoprire da soli cosa accadde a Picelli.

Una compagnia del Battaglione Picelli delle Brigate Internazionali.

Una compagnia del Battaglione Picelli delle Brigate Internazionali.

OF: Il tuo primo film risale al 1982. Hai lavorato in Kosovo, in Afghanistan, in Somalia, in Palestina, sempre sui temi contemporanei e fuori dall’Italia. Questo è il tuo primo documentario storico, realizzato solo con immagini d’archivio. Come ti è venuta l’idea di  raccontare questo sorprendente e antico »Ribelle »?

GB: In tutti i miei documentari su vicende contemporanee ho sempre cercato di dare voce a chi non ce l’aveva e di cercare la verità su fatti scomodi e dimenticati. Anche se sono originario dell’Oltretorrente di Parma, anche se vengo da una famiglia che ha sempre combattuto per la libertà e la giustizia sociale, anche se i miei nonni conoscevano bene Guido Picelli, non ho fatto questa lunga ricerca per questioni affettive cittadine. Ho cercato di dare voce a Picelli per far conoscere le sue idee e le sue azioni che mi sembrano molto attuali in questo momento. Gramsci diceva “la Storia insegna ma non ha scolari”. In questi anni è in atto un tentativo di annullare tutte le conquiste sociali ottenute in 200 anni di lotte. Sta avanzando un nuovo fascismo che si mimetizza negli apparati dei governi e delle istituzioni finanziarie internazionali. Questo mostro non si può combattere con le chiacchiere dei partiti tradizionali della sinistra, che almeno in Italia hanno ereditato i mali del “togliattismo”: opportunismo, pavidità, cinismo.

Se Picelli fosse in vita sarebbe con “gli indignados” o con i cittadini che protestano in Grecia o con chi si oppone nel mondo all’ingiustizia sociale e alla sopraffazione politica. E darebbe a tutti un semplice insegnamento: ”Unità e azione.”

Il Ribelle (2011), un film di Giancarlo Bocchi.

Anteprima in Francia domenica 8 dicembre

la mattina alle ore 11 

Cinema Le Balzac 

1, rue Balzac 75008 Paris

Trailer

Un libro è uscito col DVD del film il 25 settembre 2013:

Distribuzione NDA 
distribuzione@ndanet.it
Tel.  (00 39) 0541 682186

E in libreria.

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